martedì 17 marzo 2009

Il Testamento Biologico

Il Testamento Biologico, tema palpitante che sta impegnando con drammatico coinvolgimento le nostre coscienze, è stato il tema dell’incontro-dibattito tenutosi sabato 14 marzo presso la sala conferenze della Villa d’Este di Tivoli.
Il convegno, organizzato dai clubs appartenenti alla zona “C” della V Circoscrizione (Tivoli Host, Palestrina "Ager Praenestinus", Tivoli d’Este, Roma "Parco Nomentum" e Guidonia Montecelio) coordinati dal Delegato di Zona dott.ssa Leda Puppa, ha avuto il merito di fare incontrare tanti illustri ospiti, diversi per professione e convincimenti, per approfondire le implicazioni etiche, mediche e giuridiche della complessa materia, prossima ad essere disciplinata da una legge dello Stato, in assenza della quale il vuoto potrebbe essere colmato solo con sentenze della magistratura.

Hanno portato il loro contributo il Dott. Raffaele D’Ambrosio, medico ginecologo e consigliere della Regione Lazio; il Prof. Paolo De Luca docente di Medicina Legale presso La Sapienza; il Dott. Bruno Ferraro Presidente del Tribunale di Tivoli e già Governatore del nostro Distretto; il Prof. Raffaele Juso giurista e professore di diritto amministrativo; l’ On. Bruno Prestagiovanni, Vice Presidente della Regione Lazio; il Prof. Mario Manganaro, responsabile distrettuale del Tema. Presente anche la Chiesa Cattolica con S.E. Mons. Elio Sgreccia, Presidente Emerito della “Pontificia Accademia per la Vita”; presenti anche i Protestanti italiani con il pastore Valdese prof. Ermanno Genre.
Da Testamento Biologico
Il dott. Marcello Doddi, presidente della V Circoscrizione, ha dato avvio ai lavori, ricordando come l’obiettivo degli incontri promossi dai Lions non sia quello di ricercare ed indicare soluzioni, ma al contrario di stimolare il confronto ed il dialogo a più voci, affinché ognuno possa trovare gli elementi utili per formarsi una propria opinione.

Vite più lunghe; malattie più lunghe; vecchiaia più lunga. I progressi della medicina e della scienza hanno spezzato l’equilibrio tra natura e vita ponendoci di fronte al dilemma su quanto tali conquiste prolunghino la vita e quanto procrastinino la morte. Da qui la necessità di avere norme capaci di disciplinare la materia, fissando condivisi limiti alla discrezionalità, nel rispetto del sentire e delle convinzioni morali degli individui. “Cominciamo con il dire – afferma il dott. D’Ambrosio – che è improprio usare il termine Testamento quasi stessimo parlando di un lascito materiale, mentre è assai più appropriata la definizione di Disposizioni anticipate di Trattamento , cioè la preventiva indicazione, da parte del soggetto, che in pienezza di poteri e facoltà fissa le proprie decisioni da attuare nel momento in cui non sarà più in grado di esprimere la sua volontà. In tempi in cui tutto sembra possibile - aggiunge ancora D’Ambrosio - una legge ci vuole Il punto è capire come essa riuscirà a calarsi nella complessa realtà senza mortificare volontà e coscienze”.


Non in sintonia con tale percorso è il prof. Juso, giurista, il quale afferma che “la politica deve restarne fuori per evitare tempi lunghi e decisioni condizionate dalla logica degli schieramenti, in quanto sarà difficile poter votare secondo quanto la propria coscienza detta”.


Il Pastore Valdese prof. Genre è invece convinto che una norma serva, ma che “essendo l’Italia un Paese multietnico e multiculturale, per avere una buona legge è necessario un dibattito trasversale alle differenti componenti della società per beneficiare del contributo di tutte le categorie di pensiero, comprese le diverse confessioni religiose, affinché ognuno possa formarsi un proprio convincimento sul problema del fine vita”. Uno dei temi che genera profonda divisione tra addetti ai lavori e non è la definizione di accanimento terapeutico, cioè fin dove è lecito e logico spingersi nella somministrazione delle terapie.

Il pensiero di S.E. Mons. Sgreccia sull’argomento è che “bisogna innanzitutto capire quali siano le terapie che si possono rifiutare senza ledere il diritto alla vita. A tal fine le terapie possono essere classificaie come proporzionate o sproporzionate, in funzione dei risultati cui pervengono, o come ordinarie o straordinarie a seconda che generino o meno eccessi, rischi, o che siano o meno angoscianti e sopportabili dal paziente”. Ma qual’é allora la regola da seguire? “Una terapia ordinaria e proporzionata – continua S.E. Sgreccia - è obbligante per il medico, come moralmente lo è per il paziente; la straordinarietà, al contrario, non è sinonimo di obbligatorietà, il tutto è da valutarsi in un incastro di combinazioni tra le definizioni sopra indicate, senza però mai prevaricare la volontà del paziente ed il suo diritto alla via; le cure del corpo invece, come l’alimentazione e l’idratazione, devono sempre essere assicurate, ancorché praticate dal medico”. A proposito poi del ruolo del Parlamento nel legiferare sull’insieme della materia, S.E. ricorda che “venti anni fa si parlava di Bioetica (discussione accademica fra scienziati e addetti ai lavori); si è passati poi a discutere di Biodiritto (per la necessità di darsi regole e porsi limiti); ora si è arrivati alla Biopolitica (con il Governo ed il Parlamento che fanno propria l’intera materia per regolamentarla con una legge valida per tutti i cittadini); nulla da eccepire sull’intervento della politica – conclude S.E. Sgreccia - se l’obiettivo non è quello di governare la vita stabilendo chi ne ha diritto e chi no, ma piuttosto quello di difendere il Bene Comune, cioè quello che è bene per la totalità dei cittadini e non di una sola parte di essi”.

Le conclusioni dell’interessante dibattito sono state tratte dal
dott. Bruno Ferraro nella veste non già di Presidente del Tribunale di Tivoli, come da lui stesso precisato, ma di Lions.
Da Testamento Biologico

“Possiamo affrontare la materia da un punto di vista etico e religioso? – si interroga Ferraro – No, perché i fatti ci dicono che su questi temi è assai difficile trovare un incontro; possiamo fare ricorso alla scienza medica? No, perché abbiamo visto quanta differenza c’è nella concezione della vita; ed allora non resta che l’approccio di carattere costituzionale, il solo che può ricondurre tutti, o quasi, ad una lettura più uniforme del problema nel rispetto della Costituzione e nella certezza del Diritto. L’art. 32 della Costituzione Italiana afferma che Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizioni di legge; da qui sono partiti quanti hanno sposato la tesi dell’autodeterminazione senza limiti. E’ esatta questa visione particolare del dettato costituzionale – si interroga Ferraro – senza considerare che la stessa Costituzione pone al centro il Diritto fondamentale alla vita? Possiamo allora noi considerare che la vita è vita solo se ha, oppure no, alcune caratteristiche?”
Da Testamento Biologico
Vogliamo chiudere con questo pesante ed angosciante dilemma posto dal dott. Ferraro, lasciando alla coscienza di ognuno di noi il non facile compito di trovare una risposta.
Vincenzo Pauselli

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